Il digiuno, l’elemosina e la preghiera sono i segni, o meglio le pratiche, della Quaresima. Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprende altre forme di privazione per una vita più sobria. Esso «costituisce un’importante occasione di crescita», ha spiegato papa Francesco, perché «ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario» e «ci fa più attenti a Dio e al prossimo» ridestando «la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame».
Il digiuno è legato poi all’elemosina. San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: «Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell’astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati.
A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di “misericordia” abbraccia molte opere buone».
Così il digiuno è reso santo dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, da ogni gesto di generosità che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una privazione.
Secondo papa Francesco, «l’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello».
La Quaresima, inoltre, è un tempo privilegiato per la preghiera. Sant’Agostino dice che il digiuno e l’elemosina sono «le due ali della preghiera» che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. E san Giovanni Crisostomo esorta: «Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia». Per papa Francesco, «dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi».